giovedì 8 maggio 2008

Privacy e dichiarazioni dei redditi

Qualunquismo, politica, morbosa curiosità, cattolica vergogna del guadagno.

Questi - e tanti altri - sono i valori coinvolti da una vicenda quantomai tecnica: può il l'Agenzia delle Entrate pubblicare su internet le dichiarazioni dei redditi degli italiani?

La domanda, che ricorre nelle pagine dei quotidiani, nei blog e nelle discussioni al bar, è mal posta, e la precisazione giunge dal Garante della privacy, seppur mascherata dal linguaggio tecnico che caratterizza i suoi provvedimenti.

Il punto non è se sia possibile pubblicare i dati, posto che - a determinate condizioni e secondo modalità prefissate dal legislatore - è pacifico che i dati relativi alle dichiarazioni dei redditi siano pubblici.
Il Garante ha chiarito che l'illegittimità attiene alle modalità di pubblicazione, che
ha(nno) consentito, in poche ore, a numerosissimi utenti, non solo in Italia ma in ogni parte del mondo, di accedere a innumerevoli dati, di estrarne copia, di formare archivi, modificare ed elaborare i dati stessi, di creare liste di profilazione e immettere ulteriormente dati in circolazione, ponendo a rischio la loro stessa esattezza. Tale modalità ha, inoltre, dilatato senza limiti il periodo di conoscibilità di dati che la legge stabilisce invece in un anno
Aggiunge inoltre il Garante che non è stata richiesta la necessaria autorizzazione preventiva, fatto questo che non rappresenta un semplice passaggio formale, ma avrebbe consentito di concordare preventivamente le modalità di pubblicazione più rispettose per la privacy dei cittadini italiani.

Nessuno, è bene sottolineare, ha affermato che l'accesso dei dati tramite internet è vietato, ma occorre individuare una procedura che consenta l'accesso ai soli aventi diritto e secondo modalità rispettose della normativa sulla privacy.
Nulla di impossibile: è sufficiente impostare una maschera di ricerca che richieda l'inserimento di nome, cognome, residenza, codice fiscale del richiedente e la ragione per cui viene inoltrata la richiesta, nonché consentire l'accesso ai dati relativi ad un solo contribuente per volta; questo, unitamente all'inserimento di un codice che eviti le query automatiche consentirebbe di evitare il rischio di profilazioni automatiche dei contribuenti con finalità commerciali.

La speranza, come ben sottoline Zambardino nel suo post, è che il - necessario - provvedimento del Garante non venga utilizzato per aprire un periodo di oscurantismo, che consenta di coprire le pubbliche vergogne sotto il capiente ombrello di un asserito diritto alla privacy.
Non è vergogna dichiarare redditi alti, né è immorale che i cittadini sappiano chi contribuisce alle spese dello stato con i propri redditi (salvo per chi si spaccia per il coordinatore dei precari e guadagna quanto un intero call center).
E' vergognoso che non ci sia uno strumento per smascherare pubblicamente gli evasori, che passano l'estate sullo yacht e pagano le tasse da metalmeccanico.